15 agosto, 2008

Chi ha bisogno della Sinistra?

Pubblichiamo volentieri una riflessione di Antonio Casillo - Presidente del circolo La Fattoria, storica realtà dell'associazionismo bolognese.


Ho letto tutto d’un fiato il documento di Riccardo Malagoli e Maurizio Zamboni. Non ho avuto modo di riflettere sufficientemente, e non mi è stato possibile partecipare a l’incontro del Baraccano, mi manca il confronto che tra l’altro mi interessa molto.

Comunque, provo ad esprimere un paio di cose che mi frullano per la testa da un po’ di tempo.

Premetto che mi riconosco completamente nel documento di Riccardo e Maurizio in particolare sulla necessità di stare in campo con senso di responsabilità e realismo.

L’esperienza amministrativa è diversa da quella politica, riuscire a mantenere il giusto equilibrio tra bisogni, opinioni, modalità diverse d’intervento e risorse disponibili, leggi e regolamenti è una roba da non dormire la notte. Qualcuno lo deve fare e qualcuno lo farà… Se a una città, a un quartiere gli capita, sceglie delle persone oneste, appassionate come Riccardo Malagoli: i cittadini, le associazioni ed anche i partiti non se lo possono far sfuggire! (parlo per conoscenza personale)

Invito tutti a riflettere e magari aprire un confronto largo su chi siamo, dove vogliamo andare?

La mia esperienza sindacale, politica ed amministrativa mi ha insegnato che se andiamo “via” le nostre idee, le cose per cui ci siamo sempre battuti con passione, non vanno avanti anzi!

Che fare? Tutti hanno fatto bene, tutti hanno ragione, intanto ci ritroviamo Berlusconi e tutto lo schieramento di centrodestra più forte di prima, un paese che arretra e i meno abbienti che stanno sempre peggio a cominciare dai giovani che hanno d’avanti a sé un futuro sempre più incerto e precario.

In questi anni il nostro paese si è profondamente berlusconizzato, credo che noi stessi ne siamo lambiti se non di più…

Sono convinto che si debba costruire una proposta nuova, rivoluzionaria, dimostrare che un altro mondo è davvero possibile, altrimenti la sinistra non ce la può proprio più fare.

Il requisito principale per essere credibili è dimostrare realmente di essere al servizio dei cittadini e non di sé stessi.

E’ tutto molto difficile, non lo nego, lo so che è più facile seguire la corrente - tra l’altro impetuosa - dell’arraffare, dell’auto-promozione di sé stessi e dei “fedelissimi”. La qualità principale richiesta è essere un po’ gaglioffo, non vedere non pensare non parlare, eseguire.

Che fare? Si può provare a vedere se c’è il coraggio di aprire un confronto su due o tre cose che si possono fare insieme e provare a chiudere i vari piccoli negozi (partiti) esistenti abbandonando i tanti piccoli egoismi per creare un buon centro commerciale dove in tanti di più ci potremmo riconoscere…

Sono convinto che a sinistra oggi più di ieri c’è lo spazio per una formazione politica moderna, seria unitaria e solidale che si ispira al socialismo europeo democratico e ambientalista.

Che fare? Sarebbe bello e importante che proprio da Bologna partisse la scintilla per costruire quello di cui, a mio modesto parere, avrebbe bisogno tutto il paese ma in particolare quella parte sana che non ne vuol sapere di farsi berlusconizzare e lotta tutti i giorni per un paese migliore.

Infine, Bologna a mio avviso è stata bene amministrata, si poteva fare meglio? E’ difficile dirlo dal mio punto di osservazione, perché io vivo in periferia al Pilastro, S. Donato e ho avuto le mie gatte da pelare…

Cosa mi è arrivato dalla città, a me “pilastrologo”: il protagonismo del Sindaco, con la sua forte impronta sulla città, lo giudico positivo, ho apprezzato in particolare la non accettazione che intorno a Bologna crescessero delle favelas come nei paesi del terzo mondo. Sono per lo sviluppo ordinato del territorio e contro le prepotenze.

Mi è pure giunta l’eco di un lamento continuo, di un malessere, che tra l’altro vedo crescere un po’ ovunque, contro il rispetto delle regole. Bologna non è esente da ciò che dilaga nel paese.

Faccio fatica ad esprimere altro, non avendo la conoscenza diretta, poi le diatribe bolognesi non mi appassionano.

Attacchi e risposte non le ritengo utili, sono per il confronto onesto, democratico delle idee capaci di dare risposte adeguate ai problemi sempre più complessi della nostra città.

Antonio Casillo
06 agosto, 2008

Marcinelle: quei morti che non ci hanno ancora insegnato niente

la mattina dell'8 agosto 1956, nella miniera di Marcinelle, in Belgio, priva delle più elementari norme di sicurezza, nel pozzo numero 1 morirono in un incendio 262 uomini, di cui 136 italiani e 95 belgi: una delle più grandi tragedie dell'emigrazione e del lavoro (dello sfruttamento del lavoro).

Venerdì 8 agosto alle 10,00 presso la stele che ricorda questi morti - e tutte le morti sul lavoro - in via Garavaglia, 7 (accanto alla sede del Quartiere San Donato) si svolgerà una commemorazione promossa dalla Federazione Italiana Lavoratori Emigranti e Famiglie in collaborazione con il Quartiere.

Sarà un momento di raccoglimento e un modo per esprimere solidarietà, in particolare in un momento in cui sui giornali leggiamo che ci sono più morti sul lavoro che per episodi di criminalità; e questo chiarisce bene quale sia la vera emergenza sicurezza del paese.

Le chiamano "morti bianche" ma piuttosto andrebbero chiamate "morti nere", perché spesso sono il frutto velenoso del lavoro nero, o comunque del lavoro poco tutelato, poco rispettato.

Sinistraperfare invita chi sarà in città a condividere quel ricordo, venendo venerdì mattina in via Garavaglia.
02 agosto, 2008

Ambiente, territorio, lavoro: una proposta

"lo sviluppo è sostenibile se crea benefici attraverso opportunità economiche e sociali"
questa frase campeggia nella pagina del sito del Gruppo Hera dedicata alla responsabilità sociale.

Sono assolutamente d'accordo con questa affermazione e proprio per questo vorrei provare a fare una proposta che potrebbe mettere proprio Hera al centro di un'azione di sviluppo sostenibile; per il nostro territorio, per l'ambiente e, perché no, anche per il lavoro.

la Cartiera del Maglio
Parto da una 'brutta storia', quella della Cartiera del Maglio di Pontecchio Marconi, che è in crisi e rischia di essere messa in liquidazione: più di 80 lavoratori rischiano il posto (i 63 lavoratori della cartiera e i 20 della collegata cartotecnica di Arsiero, vicino Vicenza).

All'inizio di luglio si è riunito un tavolo di salvaguardia in Provincia a cui però la proprietà dell'azienda ha dichiarato che chiederà la Cassa Integrazione per gli operai.

La volontà delle Istituzioni del territorio, del sindacato, del mondo politico non manca, vista la grande importanza economica della Cartiera per Sasso e l'intera Valle del Reno, ma il timore è di vedere andare in scena ancora una volta un copione che abbiamo già visto, una storia che si è ripetuta troppo spesso in questi anni: un'altra azienda "storica" del nostro territorio, un'eccellenza con moderni procedimenti produttivi, certificazioni di qualità, bassi costi, che chiude.

Eppure sono convinto che non bisogna arrendersi, che anzi la Cartiera del Maglio potrebbe non solo 'risorgere' ma essere il perno di un progetto innovativo.

Hera e la carta recuperata
E qui entra in scena Hera: nel settore ambientale Hera gestisce l'intero ciclo di recupero e riciclaggio, dalla raccolta al trattamento, con recupero e smaltimento. In tutta la provincia è Hera che si occupa di raccogliere la carta da mandare al macero, che successivamente conferisce per il riciclo ad altre aziende.

Non stiamo parlando di piccole quantità: dati Hera dicono che carta e cartone costituiscono il 20,2% della raccolta differenziata, che a sua volta è pari a 226 kg all'anno per abitante dell'Emilia Romagna ci rendiamo conto che anche limitandoci alla provincia di Bologna (quasi un milione di persone) parliamo di una quantità enorme di carta da riciclare, visto che la carta conferita alla differenziata è adatta al reimpiego nei cicli produttivi.

La raccolta differenziata, tra mille difficoltà, sta aumentando, grazie anche e soprattutto ad un aumento della consapevolezza e dei comportamenti 'ecologici' dei cittadini, lo conferma il rapporto 2007 del Comieco, che è il Consorzio Nazionale Recupero e Riciclo degli Imballaggi a base Cellulosica, che descrive un vero 'boom', con il 70% degli imballaggi immessi al consumo avviato al riciclo. Quando l'ho letto ho stentato a crederci: mi sembra fin troppo bello!

E ovviamente all'aumento della raccolta differenziata segue anche un aumento nella produzione dei materiali riciclati, con conseguente necessità di impianti nella filiera del riciclaggio, e i materiali prodotti a loro volta devono essere collocati sul mercato...

Gli Enti Locali
Gli acquisti pubblici rappresentano circa il 14% del mercato europeo per prodotti come il legno e la carta, e "possono diventare un potente motore di promozione e di orientamento per tutto il mercato", come si augura Greenpeace. Nel nostro piccolo di provincia bolognese questa affermazione si traduce nella necessità di convertire una quota sempre maggiore degli acquisti e consumi degli Enti Locali del territorio in acquisti e consumi verdi, innanzitutto la carta: ormai tutti i pregiudizi sulla scarsa qualità e 'resa' della carta riciclata sono stati smentiti dai fatti e bisognerebbe arrivare a che ogni foglio che esce da un ufficio pubblico sia un foglio di carta riciclata.

C'è anche una legge dello Stato (la Legge N. 283 del 5 giugno 1985) e più specifico ancora un Decreto del Ministero dell'Ambiente (D.M. 8 Maggio 2003, n. 203) che prevede che gli uffici pubblici coprano i propri fabbisogni con prodotti ottenuti da materiale riciclato per non meno del 30%. E questa è la misura minima: perché non porsi obiettivi più ambiziosi, visto che tra l'altro la carta riciclata costa in media il 15% in meno di quella in fibra vergine.

D'altra parte il Comune di Bologna ha aderito al progetto di Greenpeace "città amiche delle foreste" che promuove tra l'altro l'utilizzo di carta riciclata con tecnologie pulite negli uffici pubblici. E la provincia di Bologna sostiene e partecipa con la Regione Emilia Romagna al Gruppo di Lavoro per gli Acquisti Verdi. Il progetto degli Acquisti Verdi punta ad "integrare considerazioni di carattere ambientale nei processi d’acquisto delle pubbliche amministrazioni. Più in particolare, utilizzando la definizione della Commissione Europea, 'GPP (Green Public Procurement) è l’approccio in base al quale le Amministrazioni Pubbliche integrano i criteri ambientali in tutte le fasi del processo di acquisto, incoraggiando la diffusione di tecnologie ambientali e lo sviluppo di prodotti validi sotto il profilo ambientale, attraverso la ricerca e la scelta dei risultati e delle soluzioni che hanno il minore impatto possibile sull’ambiente lungo l’intero ciclo di vita'. Si tratta di uno strumento di politica ambientale volontario che intende favorire lo sviluppo di un mercato di prodotti e servizi a ridotto impatto ambientale attraverso la leva della domanda pubblica"

La proposta
Mettendo insieme i 'tasselli' elencati fino ad ora credo che venga naturale pensare che Hera possa e debba chiudere il ciclo dei rifiuti, per quanto riguarda la carta, riciclando in proprio il materiale raccolto, che si valuti la possibilità di rilevare la proprietà della Cartiera del Maglio, salvaguardando l'occupazione, e riconvertirla per produrre carta riciclata che potrebbe avere come acquirenti gli stessi comuni della provincia, che di Hera sono azionisti, iscrivendo la Cartiera al Repertorio del Riciclaggio (istituito con lo stesso D.M. 203) per il settore della carta.

In sintesi, Hera raccoglie la carta recuperata, la conferisce alla Cartiera del Maglio, che la trasforma in prodotti di cancelleria, che vengono acquistati dai Comuni della zona (e magari non solo da loro): ciclo 'a kilometro zero', amico dell'ambiente, che salvaguardia l'occupazione (e magari ne crea), e aiuta i bilanci dei Comuni e anche di Hera.

Vista così è la quadratura del cerchio; certo bisogna sentire gli esperti ma mi sembra che valga la pena farla questa valutazione, anche considerando le necessarie ristrutturazioni: la Cartiera come dicevo ha impianti moderni, certificazioni di qualità (anche sul piano dell'impatto ambientale), ed anche se sarà necessaria la riconversione degli impianti che attualmente producono carta da sigarette (che ha bisogno di materie prime vergini) non credo che questo possa essere un ostacolo per un'azienda del calibro di Hera.

Salvaguardare l'occupazione di questi ottanta lavoratori sarebbe già un risultato in sé, che concretizzerebbe la responsabilità sociale d'impresa di un'azienda come Hera, che non dimentichiamolo anche se quotata in borsa, ha un capitale a maggioranza pubblica. Ma si dice che le imprese "non fanno beneficenza" e ci mancherebbe: per una azienda che si occupa di ambiente, che gestisce il recupero, poter 'chiudere il ciclo' senza conferire ad altre aziende la carta recuperata è anche e soprattutto questione di riduzione dei costi, efficienza e strategia:
" * il costo della materia prima riciclata è notevolmente più basso di quello della pasta di legno, i relativi scarti possono essere utilizzati come combustibile cogeneratore del vapore necessario al processo di fabbricazione, e la produzione è meno inquinante;
* il riciclaggio riduce la quantità di rifiuti da trattare, i relativi costi di stoccaggio, lo spreco di spazio da destinare allo stoccaggio medesimo, l'inquinamento da incenerimento" (fonte Wikipedia).
I Comuni di questa provincia, Bologna in testa, detengono una consistente quota di proprietà di Hera, che ha 180 diversi azionisti pubblici, prevalentemente Comuni della Regione Emilia Romagna che detengono complessivamente circa il 58,92% del capitale sociale, i comuni della provincia di Bologna detengono il 20,3% (dati Hera): bisogna che essi si facciano promotori di questa scelta coraggiosa, amica dell'ambiente e dei lavoratori, in una parola amica del territorio.

All'inizio ho citato una frase dal sito di Hera, che parla di sviluppo sostenibile ed era da un concetto di sviluppo sostenibile che ha preso l'avvio questa mia riflessione, unito alla rabbia e allo sconcerto di vedere chiudere un'altra fabbrica; ma mi è capitato in questi mesi di leggere "Elogio dello -spr+eco" del professor Segrè che, in termini semplici, comprensibili anche ad un profano come me, ragiona anche di 'decrescita'. Certo resta una scommessa, e forse un'utopia, ma - sempre ragionando terra-terra di buone pratiche amministrative - mi ha fatto piacere notare che, se mai la rinascita della Cartiera del Maglio si realizzasse, avremmo messo in pratica ben 4 R delle 8 del paradigma della decrescita, che cito dal testo di Segrè:

"Ristrutturare" significa adattare l'apparato di produzione e i rapporti sociali in funzione del cambio di valori. Può comportare la riconversione delle officine automobilistiche per realizzare apparecchi di recupero di energia per cogenerazione.
"Rilocalizzare" significa produrre localmente i prodotti necessari a soddisfare i bisogni della popolazione. [...] Se le idee devono ignorare le frontiere, i movimenti di merci e capitali devono ridursi all'indispensabile.
[...]
"Ridurre" vuol dire ridurre gli orari di lavoro, ma anche diminuire l'impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e consumare. Per far ciò occorre [...] "Riciclare" gli scarti incomprimibili delle nostre attività.

Concludendo, penso che questa sia un'idea da attuare già da ora, proponendola all'attuale maggioranza, ma che potrebbe rappresentare un modello per le prossime scelte programmatiche che riguardano l'ambiente e anche per dotare Hera di strumenti e scelte sempre più orientate al bene pubblico e alla salvaguardia ambientale e occupazionale.

Riccardo Malagoli